La Simm (Società italiana di leadership e management in medicina) per due giorni riunita a Roma in occasione del suo XVII Congresso nazionale
Come sempre, a rispondere prontamente alla chiamata della Simm sono stati autorevoli esponenti delle Istituzioni, delle società scientifiche e tutti i principali stakeholders che hanno dato vita ad un’ampia disamina del nostro Sistema sanitario e passato in rassegna le principali sfide che lo attendono.
– Il consolidamento della rete territoriale,
– l’uso strategico dei dati,
– la valorizzazione delle professioni sanitarie,
– l’integrazione dei percorsi clinico-organizzativi,
“Il cambiamento che stiamo affrontando è un passaggio cruciale – ha dichiarato Mattia Altini, presidente Simm aprendo i lavori del congresso- ed è solo riconoscendone la complessità che potremo sperare di governarlo”. Del resto, precisa Altini, le sfide che ci attendono sono tante tra cui “una ristrutturazione dell’offerta, la necessità di migliorare l’appropriatezza prescrittiva e di riorganizzare le cure primarie. Occorre insomma disegnare un nuovo ruolo della medicina generale, dentro le case di comunità, in rapporto con gli specialisti, dentro le micro-reti. Il nostro è un futuro che ha bisogno di luoghi di cura di prossimità dove prendere in carico le persone e i loro bisogni”.
ASSISTENZA PRIMARIA. “Parlare di assistenza primaria oggi, ha sottolineato Paolo Parente, della direzione salute e integrazione socio sanitaria Regione lazio e vicepresidente Simm – non è soltanto una scelta, ma è una necessità. E noi abbiamo bisogno a livello di Paese, nel sistema salute, di promuovere una evoluzione nell’assistenza primaria per tante ragioni, in primis quelle di carattere epidemiologico e demografico: se la popolazione invecchia, non si può che attestarsi su questo cambiamento tanto nell’erogazione dei servizi quanto nei processi di presa in carico. C’è bisogno anche di una differente organizzazione dei servizi, che il DM77 propone, e che in tutta Italia, in tutte le regioni, in tutte le ASL si sta cercando di mettere in campo attraverso modelli organizzativi coerenti. Questo sviluppo porterà ad una maggiore sostenibilità del sistema, perché si impegna proprio a garantire un’appropriatezza maggiore riducendo anche il numero dei ricoveri inappropriati, e a creare delle reti che possano garantire, unitamente all’impegno professionale di tutti, medici e non medici, una presa in carico differente, un accompagnamento delle persone nei servizi, e lo sviluppo di una sanità che assecondi i bisogni della popolazione, delle comunità, e del singolo cittadino”.
“Abbiamo una generazione di professionisti giovani, capaci, che stanno investendo sul territorio, che portano idee, progetti, modalità innovative di affrontare la propria professione e strumenti innovativi per farlo. Se saremo capaci di accompagnarli tenendo insieme questa spinta dal basso con un modello, che credo il DM 77 abbia disegnato bene, io ritengo che davvero possiamo pensare a un’assistenza globale, a un’assistenza che integri ospedale territorio in modo davvero innovativo”. Così Walter Bergamaschi, Dg programmazione del Ministero della Salute
QUALE FUTURO DOPO IL PNRR. Ampio e articolato è stato il ragionamento che ha analizzato gli scenari del “post Pnrr”. “La situazione è migliore di quel che viene spesso presentata ha detto in proposito Francesco Saverio Mennini, Capo dipartimento alla programmazione, dispositivi medici, del farmaco e delle politiche a favore dell’Ssn. Colgo quindi volentieri l’occasione di questo congresso per fare un po’ di chiarezza. Intanto va precisato che la Missione 6 del Pnrr ha delle linee attività che sono una titolarità diretta del Ministero della Salute e un’altra invece dove i soggetti attuatori sono le Regioni. Per quanto riguarda le prime non ci sono elementi di particolare criticità. Si guardi ad esempio all’ammodernamento del Parco tecnologico digitale ospedaliero. Una misura il cui target ormai quasi Praticamente raggiunto. Oltre il 91% delle apparecchiature sono state acquistate e collaudate. Un’altra linea di investimento a titolarità del Ministero della Salute è quella del rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, e l’elaborazione, l’analisi dei dati e le simulazioni. Questo mira, per tramite del fascicolo sanitario elettronico, a potenziare l’infrastruttura tecnologica e a migliorare le competenze digitali del Sistema sanitario nazionale. Anche per questa linea di investimento non si ravvisano criticità sul raggiungimento del target Pnrr. Poi ci sono le linee di investimento che fanno capo alle Regioni. Qui il Ministero ovviamente deve fare monitoraggio controllo, incontrare le regioni e sostenerle ove possibile, ma non può sostituirsi ad esse. É quindi evidente che ci sono Regioni in cui la messa a terra del target ci fa ben sperare nel raggiungimento finale dell’obiettivo, altre in cui il traguardo purtroppo appare più lontano. Queste Regioni sono state contattate e con esse abbiamo iniziato interlocuzioni per capire come poterle supportarle al meglio per garantire il raggiungimento di questi obiettivi”.
“I fondi del PNRR – ha quindi aggiunto Maria Domenica Castellone, vicepresidente del Senato – servono perché durante la pandemia abbiamo capito che se c’è una debolezza nel nostro servizio sanitario nazionale, questa è legata proprio alla carenza di un filtro territoriale e alla disomogeneità che c’è tra le diverse aree del Paese nell’accesso al diritto e alla tutela della salute. Purtroppo questi fondi però non solo non si stanno utilizzando così come dovrebbero, un ultimo rapporto stima che delle 1.700 case di comunità previste ne nasceranno appena 660 di cui solo 41 al sud. Questo fa capire bene quanto questi fondi che dovevano servire proprio ad aumentare la coesione territoriale, e a ridurre i divari, in realtà stanno rischiando di accentuarli. Se vogliamo rafforzare il nostro servizio sanitario nazionale bisogna quindi immaginare una nuova governance, una nuova gestione della sanità, intesa appunto come un rapporto diverso tra ospedale e territorio, con un territorio che faccia veramente da filtro, così come serve un rapporto diverso tra pubblico e privato, dove il privato deve servire ad integrare il pubblico lì dove il pubblico non arriva, ma non diventare un competitor”. Così
“Il futuro del PNRR deve essere dedicato a riparare i difetti di fabbrica con cui nasce il PNRR. Abbiamo detto che il PNRR si occupa di infrastrutture. Ecco, dobbiamo occuparci piuttosto di risorse umane, di come riempire queste infrastrutture. Il PNRR si occupa di assistenza domiciliare. Dobbiamo far sì che il prestazionificio che è nato diventi invece un reale sistema di presa in carico sul territorio. Il PNRR aveva uno slogan “la casa come primo luogo di cura”, ma ci sono le persone con cronicità che oggi invadono gli ospedali in maniera impropria. Bisogna quindi strutturare una medicina e un’assistenza di prossimità. Insomma siamo ad un bivio: o quello di cui parliamo da 40 anni, i percorsi ospedale- territorio e l’integrazione sociosanitaria diventano realtà oggi, oppure i soldi del PNRR si tradurranno solo in un debito in più”. Così Giuseppe Milanese, presidente Confcooperative Sanita’
INTEGRAZIONE TRA LE PROFESSIONI. “Quest’anno al convegno abbiamo rinnovato lo stile SIMM – ha quindi sottolineato Pasquale Chiarelli, direttore di produzione – Osa operatori sanitari associati e vicepresidente Simm – partendo dalla fine, cioè presentando i progetti 2026. Una serie di progetti (comunicazione, data strategy, One Health, e tanti altri) realizzati assieme a varie realtà, con un unico comune denominatore: il coinvolgimento dei professionisti a tutti i livelli, e di tutte le professionalità infermieri, medici, ingegneri e i cosiddetti amministrativi. Tutti assieme. Tutti sono stati chiamanti a partecipare ad un processo. E “processo” è, forse, la parola chiave su cui lavorare a beneficio del sistema sanitario nazionale e regionale, e questo è quello che Simm vuole fare. La miglior scelta fare oggi è quella che qualcuno ha fatto con noi in passato: cioè investire, con gratitudine, nei giovani professionisti”.
Lavorare assieme e nella stessa direzione. “Dobbiamo superare i preconcetti. E questo si attualizza mettendoci realmente seduti tutti insieme a lavorare, pensando cosa mettere a terra in termini di progettualità, idee, risorse. Quando dico che bisogna superare i preconcetti, non bisogna pensare che un altro ci sia lontano, perché l’altro è soltanto una persona che rema con noi. Ma se siamo nella stessa barca, allora bisogna remare sincroni. Quindi se c’è da andare più veloci bisogna andare più veloci, se c’è da andare più lenti bisogna andare più lenti. Questo richiede intanto una volontà precisa che nasce da un senso di responsabilità condivisa. Ecco, io invito tutte le comunità che a diverso titolo partecipano al nostro meraviglioso sistema sanitario nazionale a sentirsi ingaggiati rispetto a questo “remare sincroni”. Gli steccati, anche quelli professionali, vanno superati e se parliamo tanto di skill mix, e di nuove professioni, dobbiamo coltivare questa attitudine. Il cambiamento si fa anche così”. Queste le considerazioni di Fabrizio d’Alba, presidente Federsanità Anci.
DATA STRATEGY. Ampia la pagina dedicata alla Data Strategy, un lavoro corposo, durato un anno, da cui è nato un decalogo che ha visto coinvolte molte società scientifiche
“È stato un lavoro che è durato un anno ha ricordato Lorenzo Mantovani, direttore del centro dipartimentale di studi sulla Sanità pubblica Università di Milano – Bicocca e vicepresidente Simm – partito lo scorso congresso con una tavola rotonda nella quale sono emersi degli spunti che abbiamo poi razionalizzato in domande. Abbiamo quindi coinvolto gli stakeholder e quest’anno presentato un decalogo sulla data strategy. Quello dello scorso anno era stato sulla tutela della privacy e sulla possibilità di usare i dati. Quest’anno ci siamo focalizzati sul come riuscire effettivamente a usare i dati per fini di assistenza, di ricerca e, in ultima analisi, per la sostenibilità stessa del Ssn e la promozione della salute della nostra popolazione”.
“Per il nostro sistema sanitario nazionale – ha aggiunto Paolo Locatelli – Responsabile scientifico dell’osservatorio innovazione digitale in Sanità – Politecnico di Milano – mettere a sistema il dato e quindi riuscire a scambiarlo tra i vari attori del sistema e soprattutto estrarne valore, in questo momento è fondamentale. Alcune iniziative, anche finanziate dal PNRR, vanno già in quella direzione penso al Fascicolo sanitario elettronico 2.0, ma soprattutto le EDS del sistema dati sanitari. Ma mancano alcuni passi non tanto dal punto di vista tecnico, gli standard ci sono, quanto dal punto di vista di concordare la semantica dei dati. Ci sono degli ambiti che sono già pronti da questo punto di vista, cito ad esempio il laboratorio analisi, ma per molti altri ambiti bisogna ancora definire che significato dare ai dati. Faccio un esempio: tutta l’attività assistenziale del personale infermieristico sul paziente ricoverato può seguire diversi modelli dal punto di vista della strutturazione del significato che si dà al dato. Se non ci si mette d’accordo su come scambiare, su come mappare, tra di loro questi livelli non si riuscirà a mettere a valore questo dato che invece, dal punto di vista assistenziale di pianificazione e di ricerca, sarebbe un patrimonio assolutamente significativo”.
“SIMM ha organizzato questo importante congresso in cui la tavola rotonda sulla strategia dei dati era un elemento centrale. Un anno di lavoro a cui ha partecipato anche SIHTA perché l’Health Technology Assessment ha una fame di dati, ovviamente, impressionante. Solamente attraverso la raccolta delle informazioni – ha quindi chiosato Giandomenico Nollo, presidente Sihta – dei dati e un’attenta valutazione degli indicatori possiamo fare Health Technology Assessment non solo sulla base di una letteratura scientifica consolidata, ma anche sulle tecnologie emergenti, ma anche sul monitoraggio degli scenari reali d’uso delle tecnologie. Quindi strategia del dato significa strategia di valutazione e significa anche buon governo”.
“Il XVII congresso nazionale SIMM è stata una ricchezza incredibile”. Ha dichiarato Mattia Altini, presidente Simm al termine dei lavori. “Il messaggio che vogliamo passare è che abbiamo bisogno di grande cambiamento, un “change management”. Abbiamo bisogno di trasformare il sistema delle cure per garantire i valori della 833, ma trasformare le forme. Per fare questo abbiamo bisogno di cure primarie nuove e di giovani capaci di interpretare le sfide. Insomma abbiamo bisogno di costruire una comunità, perché la comunità cura. Anche il sistema SIMM è una comunità, fatta di multidisciplinarietà e di tante persone che nel management pubblico possono dare un contributo. Questo è il presupposto essenziale: perché senza il capitale umano non riusciremo mai a trasformare il sistema. Noi ci concepiamo agenti di cambiamento per costruire un domani sempre più inclusivo, sempre più accessibile, sempre più rispondente ai bisogni dei cittadini” ha concluso Altini.