Il direttore del Centro di Coordinamento Malattie Rare della Campania, Giuseppe Limongelli, richiama l’attenzione su una realtà ancora poco esplorata: le malattie rare non riguardano più solo bambini e giovani adulti, ma sempre più spesso gli anziani.
Durante il suo intervento, Limongelli ha illustrato i dati regionali: su circa 8.000 pazienti rari in Campania, emerge un ritardo diagnostico significativo, particolarmente marcato tra gli anziani e le donne. “Il nodo cruciale – ha sottolineato – è il sospetto diagnostico: se non parte, il percorso del paziente non comincia nemmeno”.
Per colmare questa lacuna, il Centro sta collaborando a livello nazionale al progetto ARGO, in sinergia con il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità (Jardin), per formare i medici di base al riconoscimento dei “campanelli d’allarme” delle patologie rare. L’obiettivo è intercettare segnali precoci, anche dietro condizioni comuni come scompenso cardiaco, diabete o nefropatie.
Limongelli ha poi sottolineato l’importanza di un accesso tempestivo ai centri di riferimento, sfruttando le nuove tecniche di diagnostica avanzata e genomica, oggi sempre più accessibili. “Non dobbiamo chiederci se valga la pena diagnosticare o trattare precocemente un anziano – ha detto –: ne vale la pena sempre”.
Un passaggio centrale del suo discorso è stato dedicato al tema della fragilità e al contrasto dell’ageismo. Citando la Carta di Firenze promossa dalla Società Italiana di Geriatria, Limongelli ha ricordato che esistono diversi gradi di fragilità e che molti anziani possono avere una qualità di vita paragonabile a quella di soggetti più giovani.
“Servono nuovi standard di cura e un cambiamento culturale – ha concluso –. Le malattie rare non hanno età, e garantire diagnosi e terapie tempestive agli anziani significa investire non solo in longevità, ma anche in qualità della vita.”
