“Diamo un giudizio molto positivo sul rinnovo delle grandi tecnologie promosso e realizzato dal PNRR, ma non dimentichiamo di verificare lo stato di salute del resto delle apparecchiature che costituiscono la spina dorsale del parco tecnologico dei nostri ospedali. Anche perché il valore delle tecnologie medio-basse è decisamente importante e rappresenta oltre il 60% del parco tecnologico installato nel SSN”: l’ha affermato Stefano Bergamasco (coordinatore del Centro Studi AIIC) durante il 5° Meeting Nazionale AIIC, appena concluso a Taranto sul tema Rinnovare per innovare. La sostituzione del parco tecnologico: come, quando e perché.
Nel Meeting invernale dell’ingegneria clinica italiana – che aveva Umberto Nocco (Presidente AIIC) e Lorenzo Leogrande (Presidente del Meeting) come coordinatori scientifici, in collaborazione con Armida Traversa e Angelo Maiano, coordinatori AIIC Puglia – molti degli speaker, tra cui Achille Iachino (Direttore dell’Unità di missione per l’attuazione degli interventi del PNRR, Ministero della Salute) ed Alessandro Preziosa (Presidente Associazione Elettromedicali e Servizi Integrati, Confindustria Dispositivi Medici) hanno sottolineato e condiviso il positivo stato di acquisizione, implementazione e collaudo raggiunto ad oggi dalle grandi apparecchiature sanitarie finanziate con la Misura M6C2/1.1 del PNRR, che ha messo a disposizione degli ospedali italiani oltre 1miliardo di euro.
Il punto di partenza di questa maxi-operazione di rinnovo era contenuto in un dato critico riguardante il parco tecnologico degli ospedali italiani: il 37% delle oltre 8mila grandi apparecchiature (Tac, Risonanze magnetiche, Acceleratori lineari, Sistemi robotizzati per chirurgia endoscopica, TC/PET, Gamma camere computerizzate, Sistemi TC/Gamma camera, Mammografi e Angiografi) installate nel nostro Paese ha più di 10 anni. Quindi l’obiettivo di 3100 grandi tecnologie che il PNRR ha scelto di andare a sostituire entro il giugno 2026 (obiettivo quasi completamente raggiunto in anticipo) era un traguardo di sistema assolutamente necessario.
Ma guai a dormire sugli allori: oggi il problema, sottolinea AIIC, “è nelle restanti tecnologie healthcare”. E l’ha dimostrato a Taranto con il contributo di una Survey realizzata con la partecipazione di una serie di strutture di ingegneria clinica equamente distribuite tra Nord, Centro e Sud, rappresentando ospedali di dimensioni differenti, con parchi macchine tra le 4.000 e le 27.000 apparecchiature. Qualche esempio che giustifichi il “campanello d’allarme” suonato da AIIC? Macchine e sistemi per anestesia dovrebbero avere una “vita massima” di dieci anni, i defibrillatori, i laser chirurgici, le incubatrici e gli elettrobisturi dovrebbero essere rinnovati dopo sette anni, mentre tutti i monitor (bedside e chirurgie) non dovrebbero andare oltre gli otto anni di vita. Gli endoscopi, dal canto loro hanno una vita ancora più breve, richiedendo sostituzione dopo soli cinque anni. Questo almeno utilizzando come punto di riferimento le Linee Guida internazionali ECRI Expected Useful Life-EXUL, che esprimono la tempistica ideale di vita delle tecnologie sanitarie.
E invece? La survey AIIC indica che una percentuale oscillante tra il 25 ed il 50 per cento di queste apparecchiature viene rinnovata solo dopo dieci anni. Che significa che nelle sale operatorie, nei reparti maternità, nelle terapie intensive e nei pronto soccorso il personale sanitario utilizza molte apparecchiature vecchie e superate, con prestazioni “non in linea con i più recenti standard tecnologici e la cui sicurezza e continuità di esercizio è garantita dagli ingegneri clinici a costo di significative attività e oneri manutentivi”.
Questa problematica riferita agli strumenti tecnologici di costo medio-basso, si spiega con alcune criticità che Bergamasco ha così sintetizzato: budget insufficienti per l’acquisto di nuove tecnologie; difficoltà nel reperire pezzi di ricambio; lentezza dei processi di approvvigionamento; burocrazia e lentezza amministrativa; carenza di mappatura e monitoraggio della produzione correlata alle tecnologie in utilizzo. Ma soprattutto, ha precisato Stefano Bergamasco, “si percepisce il netto disallineamento tra i bisogni tecnologici reali e le scelte strategiche aziendali. A tutti gli effetti si registra una certa difficoltà a far sì che il bisogno tecnologico espresso da clinici e professionisti di tecnologia healthcare diventi scelta di acquisto, provocando in conclusione un reale scollamento tra l’esigenza clinica e gli investimenti”.
Commentando i dati emersi durante il Meeting di Taranto, Gianluca Giaconia (Vicepresidente AIIC) ha dichiarato: “Bene, anzi benissimo gli interventi sulle alte tecnologie. Ed esprimiamo anche soddisfazione sulla velocità di acquisizione, installazione e collaudo delle grandi apparecchiature. Ma è nostro compito ricordare al sistema complessivo che c’è tutto il resto della tecnologia dell’ospedale che rimane fuori dal PNRR e che rischia di entrare nel dimenticatoio. Il primo nostro messaggio quindi è: meno male che c’è l’ingegneria clinica che tiene in piedi questo parco macchine così datato e lo fa funzionare in sicurezza garantendo continuità di cure”. “Ma non vogliamo fermarci qui”, prosegue Giaconia, “Vogliamo raccogliere la sfida lanciata da alcuni speaker del nostro Meeting: gli ingegneri clinici devono andare oltre il ruolo ad oggi ormai consolidato, e diventare gestori delle tecnologie con un atteggiamento strategico. Il nostro obiettivo quindi è entrare in una fase nuova in cui l’ingegnere clinico possa diventare il professionista di riferimento di un autentico rinnovamento di sistema complessivo. Questo è possibile riuscendo, all’interno di una equilibrata collaborazione multidisciplinare, a: raccogliere il bisogno tecnologico, calcolare il valore, misurare le performance, identificare i tempi di sostituzione, disegnando i processi necessari, attraverso procedure appropriate, ma snelle”.
